(93) La conjura de los necios. Cuando los periodistas se empeñan…Una banda di idioti. Quando i giornalisti fanno di tutto…

Cuando John Kennedy Toole escribió “La conjura de los necios”, seguro que no pensó ni un momento a los necios a los que yo quiero referirme. O, a lo sumo, los incluía en su experiencia vital de observador, considerándolos sólo un subgrupo entre los muchos que pueblan nuestro planeta. Pero Kennedy, es evidente, escribió su libro sin detenerse de manera especial en “mis” necios.

  Yo me refiero a los de mi profesión. A esos necios de lo políticamente correcto, a los que van con la gente que va detrás de Vicente, a los que como una ola - cantaría una fallecida coplera - son invisible gotas de agua que se dejan arrastrar por la corrientes.

  No me alargo más de lo necesario. Ojeen el periódico de esta mañana, los periódicos que ofrece el quiosco. Encontrarán artículos, breves, crónicas, reseñas, recensiones y muchas otras piezas que elevan y alaban algo o a alguien. A veces por convencimiento, otras porque es la moda, es el tema de moda, es el personaje “in”. Haga lo que haga, diga lo que diga.

  Todo esto se retroalimenta. Y también crea antagonismos. Los de un lado adulan al escritor o al artista infumable y se dicen admirados por la obra; los de la otra orilla – con el único argumento de estar enfrentados – escriben pestes del mismo o de lo mismo.

  Pues sí, estamos ante una no pactada conjura de los necios, especie que también en esta profesión abunda y mucho más de lo que muchos quisiéramos. Y lo grave es que actúan sin el dictado, sin la imposición editorial, sin las condicionantes de la empresa. Son así sólo porque navegar en la corriente de la multitud es fácil, muy fácil y con pocos riesgos.

  Por eso, y por muchos más motivos, siempre he huido de firmas de manifiestos, de apoyos incondicionales, de adhesiones masivas. Salvo cuando se trate de un valor del que nadie se pueda apoderar. Seré presumido – y a lo mejor, algo lo soy – pero me da pánico participar de olas periodísticas que elevan el plauso y el aplauso inmerecido a la categoría del libro de Kennedy Toole: la conjura de los necios.

Quando John Kennedy Toole scrisse “Una banda d’idioti”, certamente non pensò nepure per un momento agli stupidi cui intendo fare riferimento. O almeno, li incluse nella sua esperienza vitale di osservatore, considerandoli un sottogruppo tra i molti che abitano nel nostro pianeta. Kennedy, è evidente, scrisse il suo libro senza soffermarsi in modo particolare sui “miei“ idioti.

  Io mi riferisco a quelli della mia professione. A quegli stupidi del politicamente corretto, a coloro che seguono le mode, a quelli che come un’onda – cantava una interprete del folk e pop spagnolo – sono invisibili gocce che si lasciano trascinare dalla corrente.

 Non la faccio lunga più di quanto necessario. Un’occhiata al giornale di stamani, ai giornali che offre l’edicola. Troverete articoli, brevi, cronache, rassegne, recensioni e molti altri testi che elevano, lodano qualcosa o qualcuno. A volte per convinzione, altre perché è la moda, è il tema di moda, è il personaggio “in. Faccia ciò che faccia, dica ciò che dica.

Tutto ciò si retroalimenta. E crea pure antagonismo. Quelli di una parte adulano lo scrittore o l’artista insopportabile e si dicono ammaliati dall’opera; quelli dell’altra sponda – con l unico argomento di essere contrari – scrivono peste e corna dello stesso o della stessa cosa.

  Ebbene sí, ci troviamo dinanzi a una non organizzata banda d’idioti, specie che anche in questa nostra professione abbonda e molto di più di quanto molti vorremmo. Ciò che è grave è che operano spesso senza ordini, senza l’imposizione editoriale, senza i condizionamenti dell’azienda. Sono così solo perché navigare nella corrente delle masse è facile, molto facile e comporta pochi rischi.

  Per questo, e per molti altri motivi, sono sempre fuggito dalle firme di manifesti, dagli appoggi alla cieca, dalle adesioni in blocco. Salvo quando si è trattato di un valore di cui nessuno può prendere possesso. Sarò presuntuoso .- e forse lo sono un po’ – ma mi dà panico partecipare a quelle ondate giornalistiche che elevano il plauso e l’applauso non meritato alla categoria del libro di Kennedy Toole: la banda d’idioti.

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