(81) Obama devuelve el Premio Nobel por la Paz Obama restituisce il Premio Nobel per la Pace

“Barack Obama devuelve el Premio Nobel por la Paz”. Pues sí, me hubiese gustado leer este titular, esta noticia. Pero no caerá esa breva. Como reza el adagio infantil, “Santa Rita, Rita, Rita: lo que se da no se quita”.  Y, además, nunca he visto a un político devolver oropeles, merecidos o no, como en el caso muy prematuro y ahora manifiestamente injustificado del que fue concedido al Sheriff del Planeta.

  Me había prometido que no iba a volver sobre el argumento. Pero la entrevista del actual inquilino de la Casa Blanca a la CBS es una provocación. Se ha atrevido, el presidente de los Estados Unidos – premiado por la paz (¿?) y aplaudido a su llegada como si fuera el hijo de la Providencia – a decirnos que «cualquiera que se cuestione que Bin Laden recibió lo que se merecía, necesita que su cabeza sea examinada».

  Oiga Usted: puestos a hablar de cabezas, yo no me planteo hurgar en la suya porque podría hallar muchas sorpresas. Pero mis valores muy europeos – a lo mejor carcas, obsoletos, demasiado rigurosos, lo que Usted quiera – no me los va a cuestionar un hawaiano que adora la pena de muerte, habla de justicia cuando de venganza se trata y protege la posesión de armas, entre otras “menudencias” que me hacen sentir, como europeo viejo y cargado de Historia, o como viejo europeo si le parece, muy superior en el plano ético y siempre más lejano de sus horizontes cínicos y pragmáticos.
  No tengo nada más que decir. Lo que hace y dice Usted, Señor presidente, es más que suficiente para saber a qué atenernos. Si Alfred Nobel, a quien han prostituido nombre y apellido, levantara la cabeza…

  Otra vez, seguro de que no tendrá noticia ni de estas líneas ni de mi existencia, con todo el respeto por su función y por su pueblo, pero en la más absoluta discrepancia, aquí me tiene. En la barricada de los valores de enfrente. Los que no estoy dispuesto a cambiar en aras de la realpolitik o del viento favorable de los sondeos.

“Barack Obama restituisce il Premio Nobel per la Pace”. Sì, mi sarebbe piaciuto leggere questo titolo, questa notizia. No credo, però, che sarò accontentato. Recita un adagio infantile spagnolo che ciò che si dà non si restituisce e che a caval donato non si guarda in bocca. Oltre a tutto, non si è mai visto un politico restituire premi e prebende, meritate o no, come nel caso molto prematuro e ora evidentemente ingiustificato del premio concesso allo Sceriffo del Pianeta.

  Mi ero ripromesso di non tornare sull’argomento. C’è, però, quest’ultima intervista dell’inquilino della Casa Bianca alla Cbs che mi sembra una provocazione. Si è permesso, il presidente degli Stati Uniti – premiato per la pace (???) e applaudito al suo arrivo come si fosse figlio della Provvidenza – a dirci che «chiunque discuta che Bin Laden ha ricevuto ciò che meritava, ha bisogno che sia esaminata la sua testa».

  Senta un po’: se proprio dobbiamo parlare di teste, io a frugare nella sua non mi ci metto perché vai a sapere che cosa ci potremmo trovare dentro. I miei valori europei, in ogni caso – forse ammuffiti, obsoleti, troppo rigidi, tutto ciò che lei vuole – non me li va a discutere un hawaiano che adora la pena di morte, parla di giustizia quando si tratta di vendetta e protegge il possesso di armi, tra altre “quisquilie” che mi fanno sentire, come vecchio europeo carico di Storia, o se preferisce come europeo vecchio, molto superiore sul piano etico e morale e sempre più lontano dai suoi orizzonti cinici e pragmatici.

  Non ho altro da dire. Ciò che lei fa e dice, Signor presidente, è più che sufficiente per capire come stanno le cose. Se Alfred Nobel, al quale hanno prostituito nome e cognome, si risvegliasse un momento… Ancora una volta, sicuro che non avrà notizie di queste righe e molto meno della mia esistenza, con tutto il rispetto per la sua funzione e per il suo popolo, ma nell’assoluta discrepanza, sono a sua disposizione. Dietro la barricata dei valori opposti. Quelli che non sono disposto a cambiare nel nome della realpolitik o del vento favorevole dei sondaggi.