Nos vemos, sin fecha ni horario fijo, en algunas pantalla o sintonía radio italiana o española. Y lo mismo ocurre en medios escritos. Tengo la inmensa suerte de no depender de nadie, de no deber nada a nadie y de poder opinar libremente cuando y donde solo yo lo considere oportuno.
«Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza»
«No habéis sido hechos para vivir como brutos, sino para seguir virtud y conocimiento»
Dante Alighieri, "La Divina Commedia", Inferno - canto XXVI

lunes, 2 de mayo de 2011

(78) Han matado a Osama Bin Laden. Pero hacer justicia es otra cosa
Hanno ucciso Osama Bin Laden. Fare giustizia è, però, un’altra cosa





Señor presidente:
Me doy cuenta de que en estas horas estoy fuera del coro y también sé que a Usted mi opinión le importará un rábano. Pero me sale del alma decirle un rotundo “¡No!”, que extiendo a todos sus palmeros, estén donde estén.
  No tengo dudas de que Osama Bin Laden ha hecho mucho daño, ha provocado mucho sufrimiento, ha hecho verter mucha sangre inocente. Pero, señor presidente, no me ha gustado nada su afirmación de que matando a Bin Laden "se ha hecho justicia". Y menos me gusta escuchar esas palabras en boca de un Nobel por la Paz, aunque en realidad sea un Nobel político, prematuro y conseguido sólo por "méritos mediáticos".
  Claro que había que perseguir e intentar capturar a Bin Laden. Claro que era un objetivo de la justicia universal. Para detenerlo, juzgarlo, condenarlo, recluirlo en una cárcel. No para matarlo. Ni fuera de los cauces de la justicia ni tampoco por una determinación política o estratégica ajena a la imposición de una operación arriesgada, en la que podría caber la necesidad de disparar y defenderse hasta matar. Pero, repito, en cualquier caso sin vanagloriarse de que matando se ha hecho justicia.
  Me ha dado lástima ese gentío exultante, sobre todo jóvenes, que en las calles de su país celebran la muerte de Bin Laden. Pero claro, estamos hablando de una juventud que ha mamado el derecho inviolable de poseer armas, que ha visto con demasiada frecuencia eso de primero disparar y luego preguntar, que convive con el asesinato de estado, esa inhumana venganza social que es la pena de muerte.
  Con estas premisas y con esa afirmación de que se ha hecho justicia, señor presidente, no es Usted de los míos. Mejor dicho, yo no soy ni podré ser de los suyos. Y hoy me siento más europeo que nunca. Porque aquí, con todos nuestros defectos e incongruencias, algunos valores, aun sin ser unánimes, sí que están bien instalados en la conciencia común. Y el de la venganza, de la "justicia" expeditiva, no tiene carnet de residencia. Porque la vida humana siempre es inviolable y, además, porque sabemos que la muerte violenta de un ser humano siempre es un fracaso de la humanidad.
  Ya sé que estas líneas ni le importan a usted ni mueven o cambian nada. A mí sí que me preocupa que a Usted no le importe, sobre todo por el poder que Usted ejerce. Pero hay momentos en los que reconforta estar fuera del coro y siento un gran alivio reafirmando mi instalación inamovible en el disenso.
  Esto no obsta para que le envíe mis saludos.
  Atentamente.
              Josto Maffeo



Signor presidente,
  Mi rendo conto che in queste ore mi trovo fuori dal coro e so pure che a Lei la mia opinione interesserà ben poco. Sento la necessità, comunque, di dirle un secco “No!”, che estendo a chi, un po’ ovunque, La applaude.
  Non ho dubbi. Osama Bin Laden ha arrecato molto danno, ha provocato molte sofferenze, ha fatto versare molto sangue innocente. Non mi è pero piaciuta, signor presidente, la sua affermazione: uccidendo Bin Laden “si è fatta giustizia”. Meno ancora mi è piaciuto ascoltare quelle parole in bocca di un Nobel per la Pace, anche se in realtà si tratta di un Nobel prematuro e ottenuto solo per “meriti mediatici”.
  È chiaro che si doveva ricercare e tentare di catturare Bin Laden. È chiaro che si trattava di un obiettivo della giustizia universale. Per arrestarlo, giudicarlo, condannarlo e recluderlo in carcere. Non per ucciderlo. Né fuori dei margini della giustizia, né per una determinazione politica o strategica estranea alle imposizioni di un’operazione rischiosa nel corso della quale era prevedibile la necessità di sparare e difendersi fino a uccidere.  
  Ho provato pena per quella gente esultante, soprattutto giovani, che per le strade del suo paese celebrano la morte di Bin Laden. Già, ma stiamo parlando di una gioventù che è stata allattata con il diritto inviolabile di possedere armi, che ha visto con troppa frequenza che prima si spara e pois si domanda, che convive con l’assassinio di stato, quell’inumana vendetta sociale che è la pena di morte.
  Con queste premesse e con quest’affermazione che si è fatta giustizia, signor presidente, Lei non è dei miei. O meglio, io non sono e non potrò essere mai dei suoi. E oggi mi sento più europeo che mai perché qui, con tutti i nostri difetti e contraddizioni, alcuni valori, anche se non proprio unanimi, sono ben installati nella coscienza comune. E la vendetta, la “giustizia” sommaria, non ha certificato di residenza. Perché la vita umana è sempre inviolabile e, inoltre, perché sappiamo che la morte violenta di un essere umano è sempre un fallimento dell’Umanità.
  So bene che queste righe a Lei non importano e so pure che non cambieranno un bel niente. A me, invece, preoccupa che a Lei non importino, soprattutto per il potere che Lei detiene. Ci sono, però, momenti in cui conforta stare fuori dal coro e provo un grande sollievo riaffermando la mia ubicazione nel dissenso.
  Tutto ciò non impedisce che Le invii i miei saluti.
                           Josto Maffeo

Signor presidente,
  Mi rendo conto che in queste ore mi trovo fuori dal coro e so pure che a Lei la mia opinione interesserà ben poco. Sento la necessità, comunque, di dirle un secco “No!”, che estendo a chi, un po’ ovunque, La applaude.
  Non ho dubbi. Osama Bin Laden ha arrecato molto danno, ha provocato molte sofferenze, ha fatto versare molto sangue innocente. Non mi è pero piaciuta, signor presidente, la sua affermazione: uccidendo Bin Laden “si è fatta giustizia”. Meno ancora mi è piaciuto ascoltare quelle parole in bocca di un Nobel per la Pace, anche se in realtà si tratta di un Nobel prematuro e ottenuto solo per “meriti mediatici”.
  È chiaro che si doveva ricercare e tentare di catturare Bin Laden. È chiaro che si trattava di un obiettivo della giustizia universale. Per arrestarlo, giudicarlo, condannarlo e recluderlo in carcere. Non per ucciderlo. Né fuori dei margini della giustizia, né per una determinazione politica o strategica estranea alle imposizioni di un’operazione rischiosa nel corso della quale era prevedibile la necessità di sparare e difendersi fino a uccidere. 
  Ho provato pena per quella gente esultante, soprattutto giovani, che per le strade del suo paese celebrano la morte di Bin Laden. Già, ma stiamo parlando di una gioventù che è stata allattata con il diritto inviolabile di possedere armi, che ha visto con troppa frequenza che prima si spara e pois si domanda, che convive con l’assassinio di stato, quell’inumana vendetta sociale che è la pena di morte.
  Con queste premesse e con quest’affermazione che si è fatta giustizia, signor presidente, Lei non è dei miei. O meglio, io non sono e non potrò essere mai dei suoi. E oggi mi sento più europeo che mai perché qui, con tutti i nostri difetti e contraddizioni, alcuni valori, anche se non proprio unanimi, sono ben installati nella coscienza comune. E la vendetta, la “giustizia” sommaria, non ha certificato di residenza. Perché la vita umana è sempre inviolabile e, inoltre, perché sappiamo che la morte violenta di un essere umano è sempre un fallimento dell’Umanità.
  So bene che queste righe a Lei non importano e so pure che non cambieranno un bel niente. A me, invece, preoccupa che a Lei non importino, soprattutto per il potere che Lei detiene. Ci sono, però, momenti in cui conforta stare fuori dal coro e provo un grande sollievo riaffermando la mia ubicazione nel dissenso.
  Tutto ciò non impedisce che Le invii i miei saluti.
                           Josto Maffeo

10 comentarios:

  1. Miguel el pragmático2/5/11 20:32

    Cuando necesitamos al sheriff, siempre llegan los yanquis. Europa nunca se hubiera atrevido.
    Ya vale de escrúpulos. Cuando Europa se ha metido en líos (las dos grandes guerras) siempre ha llegado la caballería americana.
    Miguel el pragmático.

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  2. Anónimo2/5/11 21:01

    Ya lo vemos. Fueron para matar – lo han admitido oficiales de los EEUU – y no a capturar. Está más que comprobado: el Nobel se lo dan a cualquiera. Si don Alfredo resuscitara…
    Mireia

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  3. Barack Osama (uyyy…, disculpen, quería decir Obama) nunca leerá esta carta, que comparto. Ha triunfado la ley del Talión, ese ojo por ojo que puede dejarnos ciegos. Como lo es la moral norteamericana. Y conste que admiro muchas cosas de los EEUU.
    Tener como único objetivo matar es vivir en la jungla. Que no insulten la palabra "justicia". Ya está bastante pachucha, la pobre.
    Emilio Laguna, Alicante

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  4. Francesco G. Luppi2/5/11 21:23

    Un criminale, d'accordo. Tra i più spietati e abbietti della Storia, non c'è dubbio. Da catturare a tutti i costi, è evidente.
    C'è però da chiarire da che parte stiamo. Sullo stesso fronte della barbarie dove stava Bin Laden, oppure in quella che grosso modo è una civiltà con regole e principi?
    Bella domanda, sceriffo Barack. Che euforia, che delusione, un altro bluff della Storia.
    Francesco Luppi

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  5. Anónimo2/5/11 23:07

    Hay enemigos con los que no hay que tener reparos. Bin Laden era enemigo de la Humanidad y la Humanidad ahora vive mejor sin èl.
    Así de simple, es cuestión de autodefensa.
    P.R.

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  6. Comparto la carta pero ya ha pasado y creo que cuanto antes le demos carpetazo a este asunto mejor. Lo hubieran condenado a muerte y eso de ver la retransmisión de la pena con palomitas hubiera sido peor.

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  7. Estoy de acuerdo con lo de pasar página, en el sentido que Bin Laden pertenece al pasado. Pero el debate que abre aquí con la carta a Obama quedará. En juego están valores que son la diferencia entre Europa y Estados Unidos. Como la pena de muerte, que nosotros archivamos y allí tiene forofos.
    Seguiremos debatiendo.
    Elena Calvo

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  8. Anónimo3/5/11 08:23

    No podría haberlo escrito mejor. Justicia significa otra cosa. Hasta con Bin Laden.
    Manel

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  9. Nicole Gr.3/5/11 19:07

    Josto!!!
    Ha pasado tiempo y te encuentro en Google. ¿Recuerdas cuando coincidimos, todos cerrados en el hangar de la base americana de las Azores? En Terceira (qué viaje más accidentado!) Bush declaraba la guerra y ahora el Nobel de la Paz es el nuevo cow boy.
    Soy contenta de encontrarte y me gusta tu carta valiente. No importa que no llegará a la White House. Las ideas y los principios no tienen siempre una finalidad practique.
    Yo sigo en la profesión, en Zürich, con argumentos aburridos.
    Espero volver a encontrarte. Abrazos.
    Nicole

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  10. Anónimo4/5/11 12:28

    Es lo mismo que hubiese escrito. Añadiría también todas las dudas por la ocultación, las informaciones fragtmentarias y la pretensión que tenemo que creer cualquier cosa sin evidencias.
    Gracias por decir estas cosas que son de puro sentido común y de coherencia.
    Armando Rendueles

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