Pues de mis corbatas, de esas corbatas que suelo llevar en la vida y en las pantallas quiero hablar. Sobre todo de su relación con el mundo felino y felliniano y con la romana Fontana di Trevi. Tranquilos, es menos complicado de lo que parece.
Ocurrió hace una docena de años, una mañana en la que salí de la sede de mi periódico, doscientos metros arriba de la Fontana di Trevi, paseé por la vía in Arcione y alcancé, como en muchas otras ocasiones, ese escenario donde Anita Ekberg y Marcello Mastroianni se bañaron una noche para dejar una inolvable imagen de la historia del cine, del cine firmado por Federico Fellini.
Superada la fontana, cuando vía in Arcione toma nombre de vía delle Muratte, sobre el empedrado romano un gato que se dejaba acariciar por el sol llamó mi atención. Lo confieso, soy gatuno y cuando encuentro un gato, me detengo o por lo menos le lanzo un saludo. Ese día paré, acaricié ese gato hinchado por un pelo tricolor: blanco, negro y con un tono de base que recordaba algunas cervezas rubias.
El gato se dejó acariciar un rato, luego decidió que quería ser dejado en paz y se levantó y anduvo hacia una puerta. Era la puerta de una boutique no muy grande pero llena repleta de corbatas. De buenas corbatas de seda con muy interesantes cortes y colores. Pues segui al gato y entré en la tienda, me presenté a sus dueños, compré unas cuantas corbatas y comenzó una larga relacíon que se mantiene.
Ayer mismo, a lado de Fontana di Trevi, en el 88 de la vía delle Muratte, acariciaba a mi gato amigo, ya viejete pero muy vivo, y elegía mis enésimas corbatas. Y salía contento como siempre y con tres seguridades: que en Roma, hasta que viva uno de los dos, habrá un gato amigo; que soy un cliente tratado con esmero y que mi amplio abanico de cientos de corbatas romanas de seda, las que se ven en pantalla, será casi imposible que tengan gemelas en España.
Esta es la sencilla historia de un gato amigo (que, por cierto, es gata y se llama Carinella) y de mis corbatas. Lo que diga o haga en televisión, eso es otro cuento sobre el que opinarán Ustedes.
Alle conduttrici che compaiono sugli schermi televisivi si presta la dovuta attenzione, oppure le si osserva e le si ascolta un po' distrattamente, si giudica ciò che dicono e come lo narrano, ma se c'è qualcosa che fissa l'attenzione e permane nella memoria è il loro abbigliamento. Per gli uomini, noi giornalisti, è quasi la stessa cosa. Quasi, perché, salvo per un colore o per una linea molto vistosa, il nostro abito passa inosservato. Ma c'è un dettaglio, quasi unico, che polarizza l'attenzione del telespettatore: la cravatta.
É delle mie cravatte, di quelle cravatte che porto nella vita e sugli schermi, che intendo parlare. Soprattutto della loro relazione con il mondo felino e felliniano e con la romana Fontana di Trevi. Tranquilli, è meno complicato quanto possa sembrare.
Accadde una dozzina d'anni fa, una mattina in cui uscii dalla sede del mio giornale, duecento metri sopra Fontana di Trevi, passeggiai lungo via in Arcione e raggiunsi, come in molte altre occasioni, quello scenario dove Anita Ekberg e Marcello Mastroianni si bagnarono una notte per lasciare un'indimenticabile scena della storia del cinema, del cinema firmato Federico Fellini.
Superata la fontana, quando via in Arcione prende il nome di via delle Muratte, sui sampietrini richiamò la mia attenzione un gatto che si lasciava accarezzare dal sole. Lo confesso, ho un debole per i gatti e quando ne incontro uno mi fermo o quanto meno gli lancio un saluto. Quel giorno mi fermai, accarezzai quel gatto paffuto con il pelo tricolore: bianco, nero e con un manto base che ricordava alcuni tipi di birre bionde.
Il gatto si lasciò accarezzare un po', poi decise che voleva essere lasciato in pace e si alzò avviandosi verso una porta. Quella di una boutique non molto grande ma piena zeppa di cravatte. Di buone cravatte di seta dalle linee e colori molto interessanti. Seguii il gatto, entrai, mi presentai ai titolari del negozio e cominciai a osservare e scegliere un certo numero di cravatte. Cominciò così una lunga relazione che continua.
Proprio ieri, quasi all'angolo con Fontana di Trevi, al numero 88 di via delle Muratte, accarezzavo il mio gatto amico, già anzianotto ma ancora molto vivo, e sceglievo le ennesime cravatte. Per poi uscire soddisfatto come sempre e con tre certezze: che a Roma, finchè uno dei due vivrà, avrò un gatto amico; che sono un cliente trattato con cura e che gli esemplari del mio ormai ampio ventaglio di centinaia di cravatte romane di seta, quelle che si vedono sui teleschermi, è pressoché impossibile che abbiano gemelli in Spagna.
Questa è la semplice storia di un gatto amico (che in realtà è gatta e si chiama Carinella) e delle mie cravatte. Ciò che dico e faccio in televisione, beh, è un'altra storia su cui l'opinione è affidata a voi.
Una vera delizia questo articolo, stile unico, originale ed allo stesso tempo molto "felino".
ResponderEliminarGrazie di cuore, in poche ore un'idea ispirata probabilmente da una pietanza, si è concretizzata in un baleno.
L'amore per gli animali molto spesso è magico.
Buone feste.
Michele Bondì
Yo también adoro los gatos. Pero no tenía ni idea que las corbatas de mi periodista más creible tuviesen un origen “felino”. Siempre se aprende…
ResponderEliminarEnhorabuena por el gusto, la elegancia (la de dentro, sobre todo) y por saber decir en cualquier momento lo que hay que decir en ese momento.
Que tenga un buen día.
Merche Ortega
Me regalas una de sus corbatas que ya no usa? me gustan todas, no hay problema. jaja
ResponderEliminarTiene muy buen gusto.
Buen día.
Ramiro
no creo que en mi armario se pueda encontrar una sola corbata, pero si algún día me cruzo con esa gata le pediré que me lleve al 88 de la vía delle Muratte
ResponderEliminar